Il Servitore di due Padroni
Carlo Goldoni
Estratto dall'ebook:
Atto Primo
SCENA I
Camera in casa di Pantalone.
Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Brighella, Smeraldina, un altro Servitore di Pantalone.
SILVIO:
Eccovi la mia destra, e con questa vi dono tutto il mio cuore (a Clarice, porgendole la mano).
PANTALONE:
Via, no ve vergognè; dèghe la man anca vu. Cusì sarè promessi, e presto presto sarè maridai (a Clarice).
CLARICE:
Sì caro Silvio, eccovi la mia destra. Prometto di essere vostra sposa.
SILVIO:
Ed io prometto esser vostro. (Si danno la mano.)
DOTTORE:
Bravissimi, anche questa è fatta. Ora non si torna più indietro.
SMERALDINA:
(Oh bella cosa! Propriamente anch’io me ne struggo di voglia).
PANTALONE:
Vualtri sarè testimoni de sta promission, seguida tra Clarice mia fia e el sior Silvio, fio degnissimo del nostro sior dottor Lombardi (a Brighella ed al Servitore).
BRIGHELLA:
Sior sì, sior compare, e la ringrazio de sto onor che la se degna de farme (a Pantalone).
PANTALONE:
Vedeu? Mi son stà compare alle vostre nozze, e vu se testimonio alle nozze de mia fia. Non ho volesto chiamar compari, invidar parenti, perché anca sior Dottor el xè del mio temperamento; ne piase far le cosse senza strepito, senza grandezze. Magneremo insieme, se goderemo tra de nu, e nissun ne disturberà. Cossa diseu, putti, faremio pulito? (a Clarice e Silvio).
SILVIO:
Io non desidero altro che essere vicino alla mia cara sposa.
SMERALDINA:
(Certo che questa è la migliore vivanda).
DOTTORE:
Mio figlio non è amante della vanità. Egli è un giovane di buon cuore. Ama la vostra figliuola, e non pensa ad altro.
PANTALONE:
Bisogna dir veramente che sto matrimonio el sia stà destinà dal cielo, perché se a Turin no moriva sior Federigo Rasponi, mio corrispondente, savè che mia fia ghe l’aveva promessa a elo, e no la podeva toccar al mio caro sior zenero (verso Silvio).
SILVIO:
Certamente io posso dire di essere fortunato. Non so se dirà così la signora Clarice.
CLARICE:
Caro Silvio, mi fate torto. Sapete pur se vi amo; per obbedire il signor padre avrei sposato quel torinese, ma il mio cuore è sempre stato per voi.
DOTTORE:
Eppur è vero; il cielo, quando ha decretato una cosa, la fa nascere per vie non prevedute. Come è succeduta la morte di Federigo Rasponi? (a Pantalone).
PANTALONE:
Poverazzo! L’è stà mazzà de notte per causa de una sorella... No so gnente. I gh’ha dà una ferìa e el xè restà sulla botta.
BRIGHELLA:
Elo successo a Turin sto fatto? (a Pantalone).
PANTALONE:
A Turin.
BRIGHELLA:
Oh, povero signor! Me despiase infinitamente.
PANTALONE:
Lo conossevi sior Federigo Rasponi? (a Brighella).
BRIGHELLA:
Siguro che lo conosseva. So stà a Turin tre anni e ho conossudo anca so sorella. Una zovene de spirito, de corazo; la se vestiva da omo, l’andava a cavallo, e lu el giera innamorà de sta so sorella. Oh! chi l’avesse mai dito!
PANTALONE:
Ma! Le disgrazie le xè sempre pronte. Orsù, no parlemo de malinconie. Saveu cossa che v’ho da dir, missier Brighella caro? So che ve diletè de laorar ben in cusina. Vorave che ne fessi un per de piatti a vostro gusto.
BRIGHELLA:
La servirò volentiera. No fazzo per dir, ma alla mia locanda tutti se contenta. I dis cusì che in nissun logo i magna, come che se magna da mi. La sentirà qualcossa de gusto.
PANTALONE:
Bravo. Roba brodosa, vedè, che se possa bagnarghe drento delle molene de pan. (Si sente picchiare). Oh! i batte. Varda chi è, Smeraldina.
SMERALDINA:
Subito (parte, e poi ritorna).
CLARICE:
Signor padre, con vostra buona licenza.
PANTALONE:
Aspettè; vegnimo tutti. Sentimo chi xè.
SMERALDINA:
(torna) Signore, è un servitore di un forestiere che vorrebbe farvi un’imbasciata. A me non ha voluto dir nulla. Dice che vuol parlar col padrone.
PANTALONE:
Diseghe che el vegna avanti. Sentiremo cossa che el vol.
SMERALDINA:
Lo farò venire (parte).
CLARICE:
Ma io me ne anderei, signor padre.
PANTALONE:
Dove?
CLARICE:
Che so io? Nella mia camera.
PANTALONE:
Siora no, siora no; stè qua. (Sti novizzi non vòi gnancora che i lassemo soli) (piano al Dottore).
DOTTORE:
(Saviamente, con prudenza) (piano a Pantalone).
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